La Gestione del Talento

16.11.2016 - Tempo di lettura: 6'
La Gestione del Talento

Di talent management si parla molto e da molti anni, ciò nonostante ancora molte realtà affrontano il tema del talento in modo episodico, quando nasce un’esigenza o quando, improvvisamente, si deve sostituire un manager e manca un sostituto adeguato nell’organigramma.

Cos’è il Talent Management

La definizione più completa recita così: “un processo inteso ad assicurare a un’organizzazione di disporre del giusto numero e qualità delle persone necessarie per far fronte alle priorità di business presenti e future. Il processo copre tutti gli aspetti chiave della vita di un dipendente: selezione, sviluppo, gestione della performance e delle successioni”.

3 Domande chiave

Trovandoci di fronte a un contesto ricco di cambiamenti (crisi economica, economie emergenti che cercano talenti, orientamento delle nuove generazioni verso il lavoro, cambiamenti rapidi dei modelli di business ecc.), vale la pena fare il punto della situazione sul tema del Talent Management.
Una riflessione che può partire cercando la risposta a tre questioni tra le più degne di nota:

  • Quali sono i capisaldi del Talent Management?
  • Quali sono gli errori da evitare quando si progetta un sistema di gestione e sviluppo dei talenti?
  • È possibile pianificare la crescita dei talenti in imprese che modificano di frequente e rapidamente la struttura organizzativa e la strategia?

I capisaldi del Talent Management

Per rendere efficace la gestione dei talenti è necessario prestare attenzione a diversi aspetti, ma i capisaldi si possono riassumere in sette punti.

  • Comprendere le strategie attuali e future dell’azienda.
    Le caratteristiche dei talenti cercati, sviluppati, promossi devono essere allineate con le caratteristiche e gli obiettivi del business. Talenti diversi saranno necessari per aziende che hanno obiettivi e strategie di forte internazionalizzazione, oppure di crescita a due cifre, o di rilancio del marchio e dell’offerta o, ancora, di riorganizzazione e ristrutturazione. Bisogna ricordare che anche il Talent Management è situazionale!
  • Il processo di Talent Management deve essere “proprietà” congiunta di HR e top management dell’azienda.
    Le Risorse Umane non devono e non possono giocare un ruolo esclusivamente specialistico e devono mettere a disposizione dell’azienda la loro capacità di visione trasversale e di conoscenza dell’organizzazione. Ciò implica che anche la funzione di HR debba essere più vicina e al business.
  • Bisogna sapere cosa si va cercando e definirlo in modo chiaro e trasparente.
    Descrivere le competenze è fondamentale, ma non sufficiente: è necessario valutare anche capacità, motivazioni, conoscenze professionali ed esperienza. Inoltre è necessario selezionare le poche caratteristiche che per l’azienda fanno la differenza, piuttosto che disperdersi in un elenco infinito di voci spesso difficili da valutare e non significative.
  • Nei percorsi di sviluppo dei talenti, bisogna includere iniziative che preparino in anticipo per lo step successivo di crescita.
    Se una persona che copre un ruolo specialistico ha il potenziale per accedere a un ruolo che preveda la gestione di persone e di team, l’azienda dovrebbe fornirgli strumenti ed esperienze prima che il nuovo ruolo venga effettivamente coperto.
  • Il Talent Management non è democratico, nel senso che prevede un investimento e un’attenzione particolare nei confronti di un gruppo ristretto di persone, con l’obiettivo, dal punto di vista economico, di massimizzare il ritorno sull’investimento stesso.
    Ciò non toglie che le aziende possano/debbano realizzare iniziative volte ad aumentare competenze e capacità di una popolazione aziendale più vasta, ma le risorse sono limitate e bisogna investire in modo mirato. I primi su cui investire sono gli alti potenziali e le persone che più contribuiscono di più a creare valore per l’azienda (per esempio in funzioni/ruoli chiave per il successo dell’organizzazione).
  • Mettere le persone giuste al posto giusto.
    Le aziende devono trovare il giusto bilanciamento tra persone cresciute internamente e competenze acquisite dall’esterno. Alcuni skill non sono facilmente sviluppabili e sicuramente non in tempi rapidi, perciò la selezione di esterni per posizioni di responsabilità si rivela spesso più efficiente e portatrice di innovazione. Ciononostante, l’eccesso di acquisizione di persone dal mercato ha l’effetto di demotivare i talenti interni.
  • Gli strumenti di supporto sono importanti, ma non sono il cuore del processo.
    Gli strumenti (dai comitati di sviluppo ai software di supporto) rappresentano il “come” fare sviluppo, ma non il “cosa” ed è necessario tenerlo presente per evitare di creare sovrastrutture eccessive. Per esempio i software sono utili per facilitare l’execution del processo, ma tutto dipende dalla qualità delle informazioni inserite.

Gli errori da evitare

Se questi sono alcuni elementi fondamentali per il successo di un processo di talent management, quali sono i maggiori errori in cui si può incorrere?

  • È bene essere consapevoli della cultura della propria azienda e di come viene percepita dai collaboratori.
    In alcuni Paesi, per esempio, le persone utilizzano siti quali Glassdoor per comunicare cosa pensano “realmente” del proprio ambiente di lavoro. Il talent manager accorto, sfruttando anche questi strumenti, saprà proporre iniziative coerenti o credibili/credute.
  • Non bisogna mai confondere engagement con la felicità dei collaboratori.
    Molti sforzi vengono fatti per aumentare il livello di soddisfazione delle persone in azienda, ma un dipendente felice non è necessariamente produttivo e viceversa. L’engament deriva dal fatto di avere la percezione che il proprio lavoro conti per l’organizzazione.
  • È sbagliato sottovalutare la “politica” interna all’organizzazione: piani di sviluppo e promozioni non trasparenti creano “fantasmi” difficili da cogliere e, ancor più, da gestire.
  • Fare piani e promesse che non si realizzano ha un evidente effetto negativo sulla motivazione e la credibilità dell’azienda.
  • Non va sottovalutata l’importanza del capo (e della sua capacità di gestire e motivare le persone) quando si definiscono i percorsi per i talenti.
  • Un errore comune è il basarsi sull’istinto invece che sui dati. Non è possibile gestire in modo adeguato i talenti se non li si conosce in modo approfondito. Per questa ragione è necessario disporre di metriche e di informazioni organizzate e aggiornate.
  • Un errore che facilmente si commette è non tenere conto delle diverse aspettative e motivazioni dei giovani nei confronti del lavoro. I Millenian, per esempio, si aspettano di essere messi nella condizione di essere creativi, di lavorare in team collaborativi e di ricevere feedback continui, di trarre ispirazione da leader visionari e che le informazioni siano disponibili e facilmente accessibili. Tutte modalità di lavoro e di sviluppo per cui la maggior parte delle aziende non è attrezzata.

Pianificare la crescita dei talenti

Per ridurre l’incertezza sul lato della domanda, l’azienda può fare ricorso al bilanciamento tra make or buy per la gestione del rischio. Dato che disporre di un numero eccessivo di talenti è costoso ed espone l’organizzazione a un rischio elevato di abbandoni, le aziende dovrebbero dimensionare i propri piani, assumendo di ricorrere al mercato in caso di carenze di competenze/talenti. In questo caso uno dei fattori da valutare è la relativa facilità/difficoltà di reperire competenze/esperienze sul mercato. Un’azienda preparata, invece, sa adattare i propri piani all’incertezza nella domanda di talenti, progettando percorsi più ravvicinati, più brevi, creando pool di talenti spendibili in diverse parti dell’azienda e riconsiderando i propri programmi ogni 3-4 anni.

Per ridurre l’incertezza sul lato dell’offerta e migliorare il ritorno sull’investimento in sviluppo, le aziende possono ridurre al minimo il turnover delle risorse. Per ottenere questo obiettivo si dovranno creare in modo continuo opportunità all’interno dell’azienda, ma anche mantenere i contatti con persone uscite, di cui possa essere utile valutare un eventuale ritorno in futuro. Alcune realtà chiedono ai dipendenti di contribuire (in tempo, denaro, progetti aggiuntivi) ai propri percorsi di sviluppo o vincolano investimenti in formazione alla permanenza in azienda per un periodo concordato.

Alcune riflessioni conclusive

Il talent management si conferma un processo complesso, che coinvolge l’organizzazione nel suo insieme e che spesso viene gestito in modo non pianificato. I forti cambiamenti che stanno investendo il mondo del lavoro porteranno necessariamente a sviluppare nuovi paradigmi, iniziative e strumenti innovativi e più flessibili per attrarre, sviluppare e trattenere le persone che “fanno la differenza”. Presto ci troveremo a fronteggiare un periodo caratterizzato da un’accelerazione della “guerra dei talenti”.

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